Il mastino dei Baskerville

   XII

   - Siamo ormai ai ferri corti - osservò Holmes, mentre camminavamo insieme lungo la landa. - Che faccia tosta!

    Come si è ricomposto immediatamente, pur avendo davanti a sé uno spettacolo che avrebbe dovuto paralizzarlo, quando si è accorto che quella caduta per i suoi intrighi non era la vittima predestinata! Gliel'ho detto a Londra, Watson, e lo ripeto ancora: non abbiamo mai avuto un avversario piú degno di noi.

   - Mi dispiace che lei sia stato visto da quell'uomo.

   - Anch'io ne ero dispiaciuto all’inizio, ma non c'era altra alternativa.

   - Che influenza crede potrà avere sui suoi progetti il fatto che ormai sappia della sua presenza qui?

   - Forse lo indurrà a essere piú cauto, ma potrebbe anche spingerlo a misure disperate. Come quasi tutti i criminali intelligenti, può darsi sia troppo fiducioso e sicuro delle proprie doti e creda di averci portati completamente fuori strada.

   - Perché non lo arrestiamo subito?

   - Mio caro Watson, lei sarebbe stato un uomo d'azione nato. Il suo istinto la porta a compiere sempre qualcosa di energico. Ma immagini, per ipotesi, che di farlo arrestare questa notte: a cosa servirebbe? Non saremmo in grado di provare niente contro di lui. In questo consiste la sua astuzia diabolica! Se agisse per mezzo di un emissario umano potremmo ottenere qualche prova sostanziale, ma anche se riuscissimo a portare questo cagnaccio alla luce del giorno, non basterebbe a mettere una corda al collo del suo padrone.

   - Che razza di situazione!

   - Non abbiamo uno straccio di prova... ma solo congetture e ipotesi. Belle risate si farebbero in tribunale a nostre spese se ci presentassimo con un racconto e una testimonianza del genere!

   - Ma c'è la morte di Sir Charles!

   - Trovato morto senza nemmeno una graffiatura! Lei e io sappiamo che è morto di paura, e sappiamo pure che cosa lo ha spaventato; ma come riusciremmo a persuadere di questo dodici giurati imbecilli? Che tracce ci sono di questo fantomatico mastino? Dove sono le sue impronte? E le zanne? Naturalmente noi sappiamo che un cane non morsica un corpo morto, e che Sir Charles era morto molto prima che la bestia lo raggiungesse. Ma noi dobbiamo provare tutto questo, e purtroppo non lo possiamo fare.

   - E questa notte?

   - Stanotte non abbiamo fatto grandi progressi. Anche in questo caso non possiamo stabilire alcun rapporto diretto tra il cane e la morte di Selden. Noi non abbiamo visto l'animale, lo abbiamo soltanto udito, ma non potremmo certamente dimostrare che corresse squinzagliato dietro a Selden. Ci troviamo poi di fronte a una completa mancanza di movente. No, amico mio, dobbiamo rassegnarci al fatto che per il momento non possediamo prova alcuna, e che perciò vale la pena di correre qualunque rischio pur di trovarla.

   - E come spera di ottenere una prova?

   - Nutro grandi speranze che la signora Laura Lyons ci aiuti quando saprà come stanno esattamente le cose nei confronti di lei e Stapleton. Ho anch'io un mio progetto. Per il momento siamo ancora in svantaggio, ma spero che prima che sia trascorso domani saremo finalmente riusciti a portarci in vantaggio.

   Non mi fu possibile fargli dire altro, e proseguì in silenzio, immerso nei suoi pensieri, fino ai cancelli di Baskerville.

   - Entra?

   - Sì; non vedo ragione di nascondermi ulteriormente. Ma ancora un'ultima parola, Watson! Non dica nulla del cane a Sir Henry. Gli lasci credere che Selden sia morto proprio come Stapleton vuole che si creda. Sarà così preparato per la prova che dovrà affrontare domani, quando pranzerà, se ricordo bene dalla sua relazione, con queste persone.

   - Ma sono invitato anch'io!

   - In questo caso dovrà inventare una scusa, e lasciarlo andare da solo. Sarà facile. E adesso, anche se siamo in ritardo, spero che ci avranno riservata almeno una piccola cena.

   Piú che sorpreso, Sir Henry fu compiaciuto di vedere Sherlock Holmes, poiché da vari giorni sperava che gli ultimi accadimenti lo avessero spinto a partire da Londra. Inarcò però stupito le sopracciglia quando vide che il mio amico non aveva bagagli, e non sapeva trovare una spiegazione a questa stranezza. Sir Henry e io fummo però presto in grado di supplire ai suoi bisogni, dopo di che, davanti a una tarda cena, riferimmo al baronetto quel tanto delle nostre avventure che era necessario sapesse. Ma purtroppo toccò a me il compito ingrato di riferire a Barrymore e a sua moglie la dolorosa notizia della morte di Selden. L'uomo ne provò forse un piú che giustificabile sollievo, ma la povera donna pianse amaramente nel suo grembiule. Per il mondo intero il fratello era stato un individuo violento, mezza bestia e mezzo diavolo; ma per lei era sempre rimasto il ragazzino capriccioso con cui aveva condiviso i primi anni dell'infanzia, il bambino che si era aggrappato alla sua mano. Veramente sciagurato è l'uomo che non ha almeno una donna che lo pianga.

   - Mi sono annoiato in casa tutto il giorno, da quando Watson se n'è andato stamattina - disse il baronetto. Trovo che merito una certa lode, perché ho mantenuto la mia promessa. Se non avessi giurato di non uscir solo, avrei potuto trascorrere una serata piú divertente; infatti Stapleton mi aveva mandato a dire di andare da loro.

   - Sono sicuro che avrebbe avuto senz'altro una serata piú interessante - replicò Holmes tagliente. - A proposito, forse lei non sa che noi l'abbiamo pianto credendo fosse stato lei a rompersi l'osso del collo!

   Sir Henry spalancò tanto d'occhi: - Come mai?

   - Quel poveraccio era vestito con abiti suoi. Ho paura che il suo domestico passerà dei guai con la polizia, poiché indubbiamente è stato lui a fornirgli una parte del guardaroba.

   - Non credo! Per quanto io sappia, non avevano alcuna iniziale o altro segno di riconoscimento.

   - Questa è una fortuna per lui; anzi, per dire la verità, è una fortuna per tutti e due, dal momento che anche lei a questo riguardo si trova in debito nei confronti della giustizia. Io non sono proprio sicuro che, come poliziotto coscienzioso, il mio primo dovere non sia quello di arrestare tutti i componenti la famiglia. Le relazioni di Watson sono documenti che contengono accuse pesanti.

   - Ma mi parli piuttosto del caso! - interloquì il baronetto. - È riuscito a sbrogliare un po' questa dannata matassa? Non credo che, da quando siamo arrivati qui, io e Watson abbiamo fatto molta strada!

   - Ritengo di poter chiarire tra breve la situazione. È stata una faccenda difficilissima ed estremamente complessa. Vi sono però ancora vari punti su cui non sono riuscito a far luce... ma ci riuscirò, non abbia timore.

   - Noi abbiamo avuto un'avventura di cui Watson le avrà certamente riferito. Abbiamo udito con le nostre orecchie il cane sulla landa; posso quindi giurare che non si tratta soltanto di sciocca e vuota superstizione. Mi sono fatto una certa pratica di cani, quando mi trovavo nell'Ovest, e so riconoscerli al latrato. Se lei riesce a mettere una museruola e un guinzaglio a quella bestia, sarò pronto a giurare che lei è il piú grande poliziotto di tutti i tempi.

   - Credo che riuscirò benissimo ad accalappiarlo e a incatenarlo, se lei mi fornisce il suo aiuto.

   - Mi dica quello che devo fare e lo farò.

   - Benissimo: dovrò però chiederle di agire in fidiùucia, senza mai chiedermi il perché.

   - Come vuole.

   - Se farà come dico io, ritengo che il nostro piccolo problema sarà ben presto chiarito. Non ho dubbi...

   S'interruppe di botto e rimase con lo sguardo fisso a mezz'aria, al disopra della mia testa. La lampada gli batteva in pieno viso, e questo era così intento e così immobile che avrebbe potuto benissimo essere il volto di una statua classica, dal profilo impeccabile, la personificazione stessa dell'attenzione e dell'attesa.

   - Cosa c'è? - chiedemmo entrambi, Sir Henry e io.

   Compresi, mentre abbassava lo sguardo, che stava reprimendo un’emozione intensa. I suoi tratti erano pur sempre composti, ma nei suoi occhi brillava una divertita luce di giubilo.

   - Scusi l'ammirazione da intenditore - fece indicando con un cenno della mano la fila di ritratti che copriva la parete opposta. - Watson non vuole ammettere che io capisca qualcosa in fatto di arte, ma egli parla per pura gelosia, perché i nostri punti di vista su questo argomento differiscono in modo assoluto. Per me, ad esempio, quei ritratti sono veramente bellissimi.

   - Bene, sono lieto di udirla esprimersi così - disse Sir Henry fissando il mio amico con una certa sorpresa. - Non pretendo di intendermi molto di queste cose, e certo saprei giudicare meglio un cavallo o un manzo che non un quadro. Non sapevo che lei trovasse il tempo anche per queste cose.

   - Io capisco la roba buona quando la vedo, e adesso ne vedo una ottima. Quello è uno Kneller, sarei pronto a giurarlo, quella dama in seta azzurra laggiú; mentre quel signore grasso con la parrucca non può essere che un Reynolds. Sono tutti ritratti di famiglia, immagino.

   - Dal primo all'ultimo.

   - Conosce i nomi?

   - Barrymore mi ha indottrinato sull’argomento, credo sapere bene la lezione.

   - Chi è quel signore con il telescopio?

   - Quello è il vice-ammiraglio Baskerville, che ha servito sotto Rodney nelle Indie Occidentali. Quello col mantello turchino e un rotolo di carta in mano è Sir William Baskerville, che fu presidente di commissione alla Camera dei Comuni, al tempo di Pitt.

   - E quel cavaliere di fronte a me... quello in velluto nero e merletto?

   - Ah, lei ha ben ragione di voler essere informato su quel personaggio. Quello è la causa di tutti i nostri guai, il malvagio Hugo, che ha dato origine alla leggenda del Mastino di Baskerville. Non sarà facile che noi ce ne dimentichiamo.

   A mia volta guardai il ritratto con interesse e con una certa sorpresa.

   - Perbacco! - osservò Holmes; - pare un individuo tranquillo, di animo mite, ma direi che i suoi occhi celino una luce diabolica. Me l'ero immaginato piú robusto e di aspetto piú ribaldo.

   - Eppure non vi è dubbio circa l'autenticità dell'opera, poiché il nome e la data, 1647, sono trascritti sul retro della tela.

   Holmes aggiunse solo poche altre parole; ma sembrava che il vecchio perverso esercitasse su di lui un fascino speciale, poiché i suoi occhi rimasero continuamente fissi a guardare il ritratto durante tutta la cena. Solo più tardi, dopo che Sir Henry si era ritirato nella sua camera, che potei capire quel che gli passava in testa. Mi ricondusse nella sala da pranzo, con la candela accesa in mano, e ne avvicinò la luce al ritratto macchiato dal tempo che pendeva dalla parete.

   - Non ci trova niente di speciale?

   Osservai il largo cappello piumato, i lunghi ricci, il bianco colletto di pizzo, la faccia pallida che ne era incorniciata. Non era un tipo brutale, ma piuttosto azzimato, duro, severo, con una bocca fermamente disegnata, le labbra sottili, l'occhio freddo, fanatico.

   - Non le sembra che assomigli a qualcuno che conosce?

   - C'è qualcosa di Sir Henry nella mascella.

   - Forse un barlume: ma aspetti un istante!

    Salì su una seggiola, e tenendo la candela nella mano sinistra, coprì con il braccio destro l'ampio cappello e i lunghi riccioli.

   - Dio mio! - esclamai sobbalzando.

   Fuor della tela era sbucata la faccia di Stapleton.

   - Ah, se n'è accorto anche lei, finalmente! I miei occhi si sono addestrati a studiare i volti, non già le loro acconciature. La prima dote di un criminologo consiste nel vedere attraverso un travestimento.

   - Ma è fantastico! Si direbbe il suo ritratto!

   - Già, è un interessante esempio di ricorrenza atavica, che si è manifestata non solo fisicamente ma anche spiritualmente. Basterebbe lo studio dei ritratti di famiglia per convertire un uomo alla reincarnazione. Stapleton è un Baskerville... la cosa è evidente.

   - Che aspira alla successione.

   - Precisamente. Questa combinazione del ritratto ci ha fornito uno dei piú importanti anelli mancanti. Lo teniamo, Watson, lo teniamo, e sono pronto a giurare che prima di domani sera egli sarà nella nostra rete, impotente e senza ali come una delle sue farfalle. Uno spillo, un sughero, un’etichetta, e lo aggiungeremo alla collezione di Baker Strett!

    Mentre si allontanava dal quadro scoppiò in una delle sue rare risate. Di rado si era sentito ridere, e il suo riso aveva sempre presagito sciagura a qualcuno.

   La mattina dopo mi alzai presto, ma Holmes si era alzato ancor prima di me, poiché lo vidi venir su per il viale mentre mi vestivo.

   - Sì, oggi dovremmo avere una giornata piena - osservò, sfregandosi le mani nel pregustare il piacere dell'azione.

    - Le reti sono a posto, e la pesca sta per iniziare. Sapremo prima di sera se avremo catturato il nostro grosso luccio dalla mascella magra, o se ci sarà sfuggito dalla rete.

   - È già stato nella landa?

   - Ho mandato una relazione da Grimpen a quelli di Princetown, per informarli della morte di Selden. Credo di poter promettere con sicurezza che nessuno di voi avrà seccature in proposito. E ho anche comunicato con il mio fedele Cartwright, che certamente sarebbe rimasto a piangere davanti alla porta della mia capanna, come farebbe un cane accanto alla tomba del proprio padrone, se non lo avessi rassicurato sulla mia incolumità personale.

   - Qual è la sua prima mossa?

   - Parlare con Sir Henry. Ah, eccolo!

   - Buongiorno, Holmes - disse il baronetto. - Lei mi sembra un generale che stia decidendo un piano di operazioni con il proprio capo di stato maggiore.

   - É proprio così. Watson mi stava chiedendo ordini.

   - È quello che voglio fare anch'io.

   - Ottimamente. Se sono bene informato, lei questa sera è invitato a pranzo dai nostri amici Stapleton.

   - Spero che verrete anche voi. Sono gente molto ospitale, son certo che saranno felicissimi di vedervi.

   - Temo che io e Watson dovremo ritornare a Londra.

   - A Londra?

   - Sì, credo che, date le circostanze, la nostra presenza serva più là che qua.

   La faccia del baronetto si allungò visibilmente.

   - Speravo proprio che voi mi avreste dato assistenza fino in fondo. Il Castello e la landa non sono luoghi molto gradevoli quando si è soli!

   - Amico mio, lei deve avere in me la piú assoluta fiducia ed eseguire i miei ordini letteralmente. Dirà ai suoi amici che saremmo stati felicissimi di accompagnarla, ma che un affare urgente ci ha richiamati in città e che speriamo di ritornare nel Devonshire al piú presto. Si ricorda di dire proprio così?

   - Se insiste...

   - Non ci sono alternative, glielo assicuro.

   Compresi dal volto rabbuiato del baronetto che egli era profondamente offeso da quello che considerava un vero e proprio tradimento.

   - Quando intendete partire? - domandò con freddezza.

   - Subito dopo colazione. Ci recheremo prima a Coombe Tracey, ma Watson lascerà la sua roba come pegno di un suo prossimo ritorno. Watson, lei manderà un biglietto a Stapleton per esprimergli il proprio rincrescimento di non poter accettare il suo invito.

   - Ho una mezza intenzione di venire a Londra con voi - esclamò il baronetto. - Perché dovrei restarmene qua tutto solo?

   - Perché questo è il suo posto, e il suo dovere le impone di restare. Perché lei mi ha dato la sua parola d'onore che avrebbe fatto come io le avrei ordinato, e io le ordino di rimanere.

   - Va bene, se è così, resterò.

   - Ancora una cosa! Voglio che lei si rechi a Merripit House in carrozza. Rimandi però indietro la giardiniera, e faccia comprendere che ha intenzione di rientrare a piedi.

   - Dovrei attraversare la landa a piedi?!

   - Sì.

   - Ma se questo è proprio quanto lei mi ha sempre raccomandato di non fare!

   - Questa volta però lo può fare senza rischio. Non glielo consiglierei se non avessi la massima fiducia nei suoi nervi e nel suo coraggio, ma è essenziale che lei mi dia ascolto.

   - Allora eseguirò i suoi ordini.

   - E se ci tiene alla vita attraversi la landa nella sola direzione del sentiero che porta da Merripit House alla strada di Grimpen, e che del resto è il percorso logico per tornare a casa sua.

   - Farò esattamente come mi dice.

   - Benissimo. Sarei lieto di partire al piú presto, subito dopo la prima colazione, in modo da essere a Londra nel pomeriggio.

   Questo programma mi stupì moltissimo, anche se ricordavo che Holmes aveva detto la sera precedente a Stapleton che la sua visita sarebbe finita l’indomani. Non mi aveva neppure lontanamente attraversato il cervello l'eventualità che dovessi accompagnarlo, e nemmeno capivo come mai ci dovessimo assentare entrambi proprio nel momento che egli stesso aveva definito decisivo. Ma a me non restava che obbedire ciecamente; salutammo pertanto il nostro amico, assai immalinconito, e due ore dopo eravamo alla stazione di Coombe Tracey dopo aver rimandato indietro la giardiniera. Un ragazzino ci aspettava sul marciapiede.

   - Ha ordini, signore?

   - Prenderai questo treno per Londra, Cartwright. Nel momento in cui arriverai, spedirai a Sir Henry Baskerville un telegramma a nome mio che dice che se ha trovato il mio portafogli dovrà mandarlo in raccomandata a Baker Strett.

   - Sissignore.

   - E domanda all'ufficio della stazione se c'è niente per me.

   Il ragazzo ritornò con un telegramma che Holmes mi porse. Diceva: "Ricevuto telegramma. Arriverò ore 5.40 con mandato d'arresto in bianco. - Lestrade".

   - Questa è la risposta a un mio telegramma di stamattina. È uno dei nostri migliori ispettori di polizia, e credo che avremo bisogno del suo aiuto. E adesso, Watson, penso che non potremmo impiegare meglio il nostro tempo se non andando a far visita alla nostra amica signora Laura Lyons.

   Il suo piano di campagna incominciava ad apparirmi chiaro. Holmes voleva servirsi del baronetto allo scopo di convincere gli Stapleton che noi eravamo effettivamente partiti, mentre invece saremmo stati di ritorno nel momento esatto in cui il nostro intervento era veramente necessario. Quel telegramma da Londra, se Sir Henry ne avesse parlato agli Stapleton, avrebbe fugato ogni ulteriore possibilità di sospetto. Già mi sembrava di vedere stringersi le nostre reti intorno a quel luccio dalla mascella magra.

   La signora Laura Lyons era nel suo ufficio, e Sherlock Holmes apriì la conversazione con una franchezza e una semplicità di modi che stupirono notevolmente la signora.

   - Sto indagando sulle circostanze relative alla morte di Sir Charles Baskerville - incominciò subito. - Il mio amico qui presente, dottor Watson, mi ha informato di quanto lei gli ha detto, come pure di quanto lei non ha detto in rapporto a questo avvenimento.

   - Che cosa "non ho detto"? - domandò la signora in tono di sfida.

   - Lei ha ammesso di aver pregato Sir Charles di trovarsi al cancello alle dieci. Noi sappiamo che quelli furono il luogo e l'ora della sua morte. Ma lei non ci ha voluto dire quale rapporto esiste tra questi fatti.

   - Ma non c’è nessun rapporto!

   - In tal caso si tratta di una coincidenza veramente straordinaria. Io però ritengo che nonostante tutto riusciremo à stabilire un rapporto tra questi fatti. Desidero essere perfettamente franco con lei, signora Lyons. Noi riteniamo che questo sia un caso di omicidio, e le prove potranno implicare non soltanto il suo amico signor Stapleton, ma anche sua moglie.

   La signora balzò sulla seggiola.

   - Sua moglie! - esclamò.

   - Non si tratta piú di un segreto. La persona che egli fa passare per sua sorella è in realtà sua moglie.

   La signora Lyons intanto era tornata a sedersi. Le sue mani stringevano convulsamente i braccioli della poltrona, e io notai che sotto la pressione di quella stretta le sue unghie rosate erano divenute bianche.

   - Sua moglie! - ripeté nuovamente. - Sua moglie! Ma non è sposato!

   Sherlock Holmes si strinse nelle spalle.

   - Lo dimostri! Lo dimostri! E, se ci riesce!... - La luce selvaggia che le balenò negli occhi fu piú eloquente di mille parole.

   - Sono venuto da lei appunto per questo- disse Holmes, traendo di tasca alcune carte. - Ecco una fotografia della coppia fatta a York quattro anni fa. É intestata ai "Coniugi Vandeleur", ma lei non avrà difficoltà a riconoscere lui e anche lei, se la conosce di vista. Ecco qui tre descrizioni firmate da testimoni degni di fede concernenti la signora e il signor Vandeleur, che a quel tempo dirigevano la scuola privata di St. Olivier. Le legga, e mi dica se può ancora dubitare dell'identità di questa gente.

   Dopo avervi data un'occhiata, la signora ci fissò con l'espressione dura e rigida di una creatura in preda alla disperazione.

   - Signor Holmes - disse - quest'uomo mi aveva offerto di sposarmi a patto che io ottenessi il divorzio da mio marito. Mi ha mentito, farabutto, nel modo piú ignobile. Non mi ha mai detto una sola parola di verità. E perché... perché? Io immaginavo che fosse tutto soltanto per amor mio; ma ora capisco di essere stata per lui nient'altro che uno strumento nelle sue mani. Perché dovrei essere fedele a chi non lo è con me? Perché dovrei cercare di proteggerlo dalle conseguenze dei suoi atti malvagi? Mi chieda quello che vuole, e io non le nasconderò niente. Una cosa sola però le giuro, ed è questa: che quando scrissi quella lettera non pensavo neppure lontanamente di recar danno al povero Sir Charles, che si era sempre mostrato con me un ottimo amico.

   - Io le credo in pieno, signora - rispose Sherlock Holmes. - Certo, parlare di questi avvenimenti le sarà assai doloroso, e forse le diverrà piú facile se sarò io a dirle quel che è successo, e lei mi correggerà se io farò qualche errore. L'invio di quella lettera le fu suggerito da Stapleton?

   - Fu lui a dettarmela.

   - Immagino che la ragione data fu che avrebbe ricevuto aiuti da parte di Sir Charles per le spese legali relative al suo divorzio!

   - Esatto.

   - E in seguito, dopo averle fatto inviare la lettera, l'ha convinta a non andare all'appuntamento.

   - Mi disse che si sarebbe sentito ferito nella sua dignità se un altro uomo avesse provveduto il danaro per uno scopo simile, e che, benché personalmente fosse povero, avrebbe speso sino al suo ultimo centesimo pur di rimuovere gli ostacoli che ci dividevano.

   - Mi sembra un uomo di carattere molto fiero! Poi, lei non seppe piú nulla finché non lesse nel giornale la notizia della morte di Sir Charles!

   - É così.

   - Quindi Stapleton le ha fatto giurare di non dir nulla a proposito del suo appuntamento con Sir Charles !

   - Proprio cosi! Mi spiegò che si trattava di una morte molto misteriosa, e certamente i sospetti sarebbero ricaduti su me se si fosse venuti a sapere dell'appuntamento. Mi spaventò talmente che mi spinse a non parlare.

   - Già! Lei però aveva qualche sospetto?

   La donna esitò e abbassò lo sguardo.

   - Lo conoscevo bene -disse. - Ma se fosse stato sincero con me io non l’avrei mai tradito.

   - Credo che nel complesso lei l'abbia scampata bella - dichiarò Sherlock Holmes. - Lo ha avuto in suo potere e lui lo sapeva, eppure è ancora viva! Lei ha camminato per parecchi mesi sull'orlo del baratro. E ora dobbiamo salutarla, signora, ma è probabile che tra poco sentirà ancora parlare di noi.

   - Il nostro caso si sta chiarendo, e le difficoltà cadono l'una dopo l'altra - osservò Holmes mentre sostavamo alla stazione, in attesa del rapido da Londra. - Ben presto sarò in grado di esporre in un'unica narrazione coerente e concreta uno tra i piú singolari e sensazionali delitti dei nostri tempi. Gli studiosi di criminologia ricordano i casi analoghi accaduti a Grodno, nella Piccola Russia, nel 1866, e naturalmente ci sono gli omicidi Anderson avvenuti nella Carolina del Nord; ma questo caso presenta tratti assolutamente unici. Persino in questo momento non siamo ancora in possesso di una prova concreta contro questo uomo astutissimo. Ma sarei veramente sorpreso se egli non ce ne fornisse una prima di stanotte.

   Il rapido da Londra entrò sbuffando in stazione, e un uomo piccolo e peloso come un cane balzò a terra da uno scompartimento di prima classe. Ci scambiammo tutti e tre energiche strette di mano, e io mi avvidi subito dal modo deferente col quale Lestrade fissava il mio compagno che aveva imparato molto da quei tempi ormai lontani in cui avevamo incominciato a lavorare insieme. Ricordavo perfettamente il disprezzo che le teorie del ragionatore suscitavano nell'uomo pratico.

   - Novità interessanti? - domandò Lestrade.

   - È il caso piú importante che mi si sia presentato da anni - rispose Holmes. - Abbiamo due ore davanti a noi prima di metterci in campagna. Credo che potremo impiegarle pranzando, e poi, Lestrade, le toglieremo dalla gola la nebbia londinese offrendole un sorso di aria notturna e pura del Dartmoor. Non c'è mai stato? Ah, bene, non credo dimenticherà questa prima volta.